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Articolo di Rosa Pierno
articolo originale su poesia2punto0.com

La descrizione scientifica che illustra l’operazione artistica di Giovanni Fassio “Staffora Stream. 1978-1995” c’introduce all’interno dell’operazione, già svelando il suo armamentario di ambiguità, pur volendo fornirci le informazioni che servono a comprendere. L’artista sceglie, per la sua azione, la località Fego a 605 m. slm, dove scorre il torrente Staffora, ne indica le caratteristiche (morfologia, portata d’acqua, estensione) e descrive l’intervento artistico: delimitando uno spazio di 2 metri di larghezza e 46 metri di lunghezza con paline indicanti 23 riquadri di 2 metri di lato, procede a colorare i ciottoli tenendo conto del loro diametro medio: blu per quelli aventi diametro tra i 3,5 e i14,5 cm.; giallo per quelli tra i 12,5 e i 23,5 cm.; rosso per quelli tra i 18 e i 70 cm. L’intervento modifica un totale di circa 5000 pietre.

Successivamente, l’artista procede alla “registrazione degli spostamenti dei ciottoli provocati dalle piene stagionali, osservando e registrando i punti di ritrovamento”. L’ultimo sasso osservato-registrato avviene il 7 agosto del 1995.

Accompagnano questo lavoro, documentato fotograficamente, alcune splendide serigrafie che riportano la disposizione all’interno dei riquadri delle pietre diversamente colorate e che sono di grande vivacità e fascino. L’operazione squisitamente concettuale, la quale si innesta all’interno dell’ambiente naturale – ricadendo, a pieno titolo, nella Land Art – pone il problema del passaggio dall’ambito del concetto e del dato naturale alla sfera dell’arte. Come e dove avviene il passaggio?

Intanto, l’operazione che aggiunge i colori può essere messa in conto a un atto che vuole eliminare quanto c’è di naturale (tutte le sfumature dei ciottoli) per restringersi ai tre colori primari, esautorando la natura e dando spazio all’astrazione.

Se si parte dalla natura è solo per farla sparire. Pur anche l’azione di cercare le pietre colorate che la corrente ha trascinato con sé, negli anni successivi, evidenzia il ritrovamento di ciottoli su cui è intervenuta l’azione umana, non certo la natura: lo si riconosce fra mille altri solo perché è quello colorato. Non dunque tutti i ciottoli trasportati dalla corrente, ma solo quelli oggetto dell’azione che li ha modificati. Non più oggetto di oggetto di natura, ma nemmeno oggetto d’arte, a nostro avviso.

Inoltre, fatichiamo a dire estetizzazione dell’ambiente naturale in quanto sarebbe un estetico nell’estetico. Percepire paesaggio e azione artistica in sé non è ancora percepire una differenza tra le due. Dal punto di vista estetico, la percezione è attiva in entrambe le aree allo stesso modo e con le medesime caratteristiche. Non si produce differenza, si amplificano solo gli elementi in scena.

Galleggiano tra le due percezioni le tavole serigrafiche, elegantissime. Fatto fuori, d’un sol colpo, il dato naturale, di cui pure le serigrafie sono l’esatta riproduzione, meno tutto ciò che non sia colorato da Fassio, ci possiamo lasciare alle spalle l’operazione che queste tavole hanno prodotto. Solo tranciando la via naturale, imitativa, è possibile cioè rimettersi alla valutazione dell’atto creativo in sé che della rappresentazione ha estratto il referente per eliminarlo.

Per i fruitori conoscere l’iter processuale che ha portato alla formalizzazione dell’opera artistica è utile solo per misurare la distanza col fatto artistico. Perché incredibilmente la percezione del paesaggio e dell’iter processuale non ha alcun legame, ci permettiamo di dire con la tavola che, pure, da quelli nasce. Alle serigrafie si accorda valore artistico, non estetico. Ma non sarà definizione scontata. Ciò che ha prodotto le tavole vale come il vaso con fiori reali rispetto a un quadro floreale di De Pisis: appena un motivo di partenza.

Ora ciò che è rappresentato nelle tavole serigrafiche non ci appare più come la rappresentazione di un dato naturale. Diversamente di quel che accade per certe carte di scavi archeologici che riportano la posizione del rinvenimento dei cocci, le tavole di Giovanni Fassio non ricadono nell’ambito della rappresentazione, ma valgono in sé, come oggetto artistico. Una strana alchimia è avvenuta sotto gli occhi…

Guarda le serigrafie

A Bosmenso di Varzi presso il ristorante Buscone, venerdì 15 luglio dalle ore 19:30 presentazione dei libri alla leporello di Fiorina Edizioni.

Gianni Grecchi e Roberta Buscone, con questo leporello ci catapultiamo nel passato, in un mondo nel quale non servivano strade d’asfalto o ponti. Per far attraversare i fiumi al bestiame c’erano appositi traghettatori; agli uomini bastavano invece i trampoli per domare i flutti dei torrenti. Bosmenso è uno dei rari microcosmi montani a non avere del tutto smarrita la memoria su tale insostituibile mezzo di locomozione. Il libro è nato innanzitutto come raccolta di fotografie, ritrovate nelle case degli abitanti del paese. Immagini che evocano storie narrate a partire da ricordi di volti che hanno lasciato la loro memoria impressa sulla pellicola. A cura di Roberta Buscone.

Verranno presentati inoltre: "Farfalle della Valle Staffora" con Francesco Gatti, "Anfibi della Valle Staffora" con Edoardo Razzetti, e "Il jazz è pop" con Luca Cerchiari, nel corso della serata assisteremo alla performance di Angelo Pretolani "Per vedere bisogna saper guardare" ed al "Concerto Jazz".

Cena all'aperto a menu fisso dalle ore 20:30, è richiesta la prenotazione, in alternativa: "spuntini volanti" in piedi. Per informazioni e prenotazioni: 0383 52224 - 338 6040562 in caso di maltempo la serata verrà rinviata a data da destinarsi. Evento organizzato dal ristorante Buscone.

La prossima disponibilità di un leporello che si propone come base per una diversa "forma mentis" sulla beccaccia. Cos’è un leporello? È un libretto (o album) originale, ma non nuovo: ha una lunga tradizione in Europa (dal IX secolo, soprattutto di produzione tedesca, ma anche in epoca vittoriana) ed in Oriente per trascrizioni di scritture buddiste e nel mondo islamico dal XVI secolo come album a margini preziosamente istoriati da grandi maestri. In pratica è formato da un’unica striscia di carta ripiegata a fisarmonica.

Il termine "Leporello", non rinvenibile sui vocabolari della lingua italiana, deriva dall’omonimo personaggio del Don Giovanni di Mozart che, durante la famosissima aria "Madamina, il catalogo è questo" recita l’elenco delle imprese amorose del padrone leggendo i nomi delle donne amate da un foglio piegato in forma di libro a soffietto! Nel nostro caso consta di circa 25 pagine, di piccole dimensioni (15 x 10 cm), stampate in digitale su carta pesante su un solo lato, in cui il testo scorre inframmezzato o alternato o sottolineato da una iconografia molto curata. È un prodotto di nicchia che "Fiorina Edizioni" rilancia oggi con l’ambizione di realizzare un "catalogo" ampio e vario che ne rispetti la versatilità.

Perché un leporello sulla Beccaccia?

Ma perché un "leporello" sulla beccaccia? Dal 2009 sono uscite alcune importanti, voluminose, aggiornate ed esaurienti opere su questa specie di grande interesse venatorio, che ne hanno sviscerato tutti i particolari morfologici, eco-etologici, gestionali ecc., molti dei quali dovuti a ricerche recenti, supportate da nuove, intriganti tecniche (es. teletrasmettenti satellitari, isotopi dell’idrogeno, DNA...). Ne sono stati Autori noti studiosi della materia quali Jean-Paul Boidot, Charles Fadat, Yves Ferrand, François Gossmann, Silvio Spanò...

A questo punto non si può negare il bisogno di una sintesi... ma non solo! È comunque strano, se non addirittura arrogante proporre una sintesi di sole 25 paginette a fronte di una sola delle suddette opere! In effetti non questo vuol essere, soprattutto perché si rivolge ad un pubblico in gran parte diverso! Non sono i "soliti" cacciatori specialisti, raffinati e acculturati, che probabilmente la snobberanno o semplicemente penseranno "Spanò sta diventando vecchio!".

Infatti l’approccio vuol essere diverso, vuole contattare altre persone ponendo come oggetto "un essere vivente" - la Beccaccia per se stessa - con la sua fantastica e incredibile esistenza e la conseguente capacità di attrarre l’immaginario nelle molteplici attività culturali umane. Una creatura come "monumento vivo" cui molti di noi devono molto, almeno psicologicamente (ma non solo), per un omaggio cui non bastano "tecniche di laboratorio", ma un profondo senso di rispetto. In realtà vuole riscattare la "Beccaccia preda", sublimandola in una sorta di "Beccaccia simbolo", doveroso riconoscimento di quello che è e rappresenta nell’ecosistema, ma anche di quello che è, ed è stato, elaborato dall’animo umano e dall’abilità di esprimerlo nelle infinite forme realizzabili.

Verosimilmente, proprio per la sua stringatezza intrinseca, questo "leporello" dovrebbe esser seguito da altri che si inserirebbero nel titolo del lavoro, "Dall’ornitologia all’Immaginario", approfondendone i singoli passaggi e i diversi aspetti, scivolando da un necessario rapido inquadramento tecnico-scientifico a quello più propriamente immaginifico. Chi fosse interessato a supportare questa iniziativa può visionare il prodotto a questa pagina.

Fonte articolo: giornaledellabeccaccia.it

Estratto dell'articolo riguardante il nostro libretto alla leporello apparso, a firma Serena Simula, sul quotidiano La Provincia Pavese in data 5 aprile 2016, pagina 46: Il libro di Francesco Gatti anticipa l'Atlante a cura del museo della scienza. Storie e Curiosità dei lepidotteri oltrepadani.

L'uscita è prevista per la fine di aprile, il piccolo gioiellino è intitolato Le farfalle diurne della Valle Staffora. L'autore è Francesco Gatti, operatore del museo di scienze naturali di Voghera (PV) che in attesa della pubblicazione l'anno prossimo dell'Atlante delle farfalle dell'Oltrepò Pavese, ha deciso di proporre un piccolo assaggio di quanto si potrà trovare poi sul manuale compilato dal museo.

Grande appassionato di lepidotteri e presidente della neonata associazione "Iolas" per lo studio e la conservazione delle farfalle, Gatti ha messo a disposizione il suo archivio fotografico realizzando iValle Staffora (24 pagine, 17 euro) si può acquistare sul nostro sito, un agile libretto che può essere utile a chi volesse dedicarsi all'osservazione delle farfalle in zona: << Chiarisco subito - ha detto l'autore - che non si tratta di un lavoro esaustivo o di una guida scientifica. Il progetto nasce come un libro-oggetto, un bel pensiero da regalare a qualche amico appassionato e non certo come una raccolta scientifica, cosa che invece sarà l'Atlante a cui stiamo lavorando dal 2010 con l'equipe del museo. Al suo interno ho inserito le immagini più belle a mia disposizione, che non ritraggono certo tutte e cento le specie di farfalle attestate in Valle Staffora >>. Zona ricchissima di lepidotteri, la Valle Staffora ospita tante specie autoctone ma anche alcune che arrivano da molto lontano: una di queste è la sudafricana Licenide del geranio [...].

Le farfalle diurne della Valle Staffora

Il presente libretto alla leporello curato da Francesco Gatti - primo di una serie da noi dedicata allo stato della natura oggi in Valle Staffora - riporta per la prima volta l'elenco inedito (o check-list) delle specie di Farfalle diurne presenti in Valle Staffora (Oltrepò Pavese). Il periodo di osservazione e raccolta dati va dal 2010 al 2015. Nella lista o chek-list trovano inoltre spazio non solo le specie di comparsa occasionale ma anche quelle da ritenersi oramai "scomparse" in quanto, da anni, non più segnalate (vedi il caso della meravigliosa Nymphalis antiopa).

Qui di seguito riportiamo un estratto dell'articolo a firma Serena Simula2017, apparso su La Provincia Pavese il 5 aprile 2016 dal titolo: Le meravigliose farfalle della Valle Staffora.

Oltre a quelle che arrivano dall'estero, in zona non mancano nemmeno gli esemplari a livello europeo come la Maculinea del timo [...]. Più comuni ma altrettanto belle, in zona si vedono spesso la Cavolaia maggiore (Pieris brasicae, un tempo così numerosa da rappresentare un pericolo per la coltivazioni orticole e oggi in continua diminuzione) e la Icaro (Polyommatus icarus): appartenente alla famiglia dei licenidi (le "azzurrine" come le chiamano in molti), abbellisce il paesaggio della valle nelle sue zone più incontaminate, mentre è in diminuzione nelle aree di maggior presenza antropica.

L'Oltrepò, di cui la Valle Staffora fa parte, è una delle zone più ricche dal punto di vista della popolazione dei lepidotteri: << Grazie alla sua posizione favorevole, a cavallo Europa Continentale e Mediterranea, a due passi dall'Appennino - ha detto Gatti - l'Oltrepò è una zona in cui è possibile incontrare qualcosa come 120 specie: un numero enorme, se si considera che nell'intera Gran Bretagna ce ne sono soltanto 56 e che in tutta Italia ne possiamo osservare 280, vale a dire poco più del doppio >>.

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