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Presentazione libro leporello "AIΩN" di Quirino Principe

Siamo ospiti di uno degli splendidi castelli medievali della signoria Malaspina, che avevano stabilita la propria residenza principale, in questo territorio, tra Oramala e Varzi, per poi estenderla anche oltre, ma erano provenienti dalla Lunigiana, in particolare da Luni, da Mulazzano, da Fosdinovo e da Fivizzano. Proprio in Lunigiana arrivò nel 1306 Dante Alighieri, umiliato da un processo sommario e quindi esiliato per volere di Papa Bonifacio ottavo.

Dante aveva conosciuto alcuni esponenti della famiglia Malaspina nel contesto delle dispute tra Guelfi e Ghibellini, e la sua competenza diplomatica, oltre alla sua fama legata al mondo dell’invenzione poetico-letteraria, risultò idonea a trattare per conto dei Malaspina la pace del 1306 con il Vescovo di Luni, avente come oggetto la spartizione della controversa eredità degli Obertenghi. L’esito favorevole di questa trattativa rinsaldò i rapporti tra Dante e alcuni esponenti della famiglia, in particolare Franceschino, Moroello e Corrado Malaspina, che poi ritroviamo animare le vicende cavalleresche ma anche poetiche e musicali legate al castello di Oramala, e che come sappiamo sono richiamati da Dante Alighieri in alcuni passi della Commedia: Corrado, in particolare , nell’ottavo canto del Purgatorio, che così recita:

Se novella vera
di Val di Magra o di parte vicina
sai, dillo a me, che già grande là era.
Fui chiamato Currado Malaspina;
non sono l’antico, ma da lui discesi,
a’ miei portai l’amor che qui raffina.

Ecco un possibile punto di contatto tra questo scenario e il bellissimo libro di Quirino Principe, Aion, che abbiamo l’onore di presentare oggi. Abituati come siamo ad apprezzare i suoi densi e preziosi contributi saggistici sulla musica colta europea, da Gustav Mahler a Richard Strauss, da Ludwig van Beethoven a Richard Wagner, o le sue cronache musicali ad ampio respiro, talora venate da uno spirito polemico che non risparmia né le istituzioni, né il mondo politico né quello ecclesiastico, e nelle quali assume sovente il ruolo coraggioso di Paladino della Centralità della Musica nell’esperienza estetica e civile della comunità umana, di fatto spesso disattesa, imbatterci in un testo poetico di Quirino Principe potrebbe risultare una sorpresa. Ma non lo è, se ricordiamo gli innumerevoli contributi e impegni di Quirino Principe anche in ambito letterario, filosofico, editoriale, teatrale, germanistico, e in parte anche dantesco, che gli sono tra l’altro valsi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali.

Oggi presentiamo un suo recentissimo libro-leporello ‘Aion’, che vede la luce nella preziosa produzione editoriale Fiorina di Giovanni Fassio, originale nel formato e preziosa nella grafica, propria del miglior gusto artigianale italiano. Quirino Principe, in ‘Aion’, quasi reincarna il trobar clus provenzale di Arnaut Daniel, poeta aquitano medievale tenuto in massima considerazione dal suo coevo Dante Alighieri, di cui Quirino vanta, forse unico in Italia, la conoscenza mnemonica dell’intera Commedia . In ‘Aion’ Principe propone una inedita cosmogonia lirica ispirata al concetto del tempo, sostanziata da visioni e immagini di contenuto sostanzialmente apocalittico, e forse anche da una sottesa ispirazione di tipo autobiografico. Il significato di ‘Aion’ è quello di un tempo concluso in modo irreversibile, una sorta di finis terrae rapportata alla più vasta dimensione del Cosmo. Ma è un Universo che ne implica altri in parallelo, e che una formica, o myrmex, può raggiungere e toccare passeggiando su una striscia di carta, fino a confluire nell’immagine simbolica e al contempo reale di una incisione realizzata dal pittore inglese William Hogart nel suo ultimo anni di vita, il 1764, intitolata Finis on the Bathos.

‘Aion’, o eone, inteso quindi come tempo assoluto, qui visto nella sua gelida e silenziosa conclusione, fine, rovina; aion, ancora, in senso neoplatonico, come intermediario tra il mondo della luce e il mondo della tenebra; aion, infine, come unità di misura del tempo geologico, dal criptozoico al fanerozoico, dall’era paleozoica a oggi, quasi un miliardo di anni. Nel vasto e allo stesso tempo sintetico immaginario del suo componimento poetico in cinque parti, Quirino Principe ci segnala tra l’altro la paralisi degli astri, la morte dei cavalli, gli ultimi momenti di Kronos, padre di Zeus. Kronos non si rivolge più a Dio, ma al caos, un’immagine che rende particolarmente calzante il riferimento di questa citazione alla società contemporanea. Poeticamente, quasi cinematograficamente, gli universi paralleli di questa fine del tempo sono illuminati da corpi un tempo detti celesti, la stella bianca di Zubenelgenubi, la stella rossa gigante Antares, l’Anti-Marte di cui alle scoperte biochimiche di questi ultimi giorni, o ancora Angol, Alcor, Alpha-Centauri, Vega, Deneb, Altair.

In questa rappresentazione cosmologica sospesa, algida e grigio-verde, efficacemente resa, nel volume, dagli acquarelli di Loredana Muller, Quirino Principe intreccia in un grande affresco di concezione in parte dantesca, ispirata proprio dal reticolo di citazioni e simbolizzazioni umanistiche e numerologiche proprie della Commedia. In ‘Aion’ si intrecciano civiltà classiche e riferimenti scientifici, oggetti e personaggi, mitologie e visioni contemporanee, come il rogo del Teatro Petruzzelli di Bari, avvenuto nel 1991, non a caso citato nella parte del poema intitolata Bari, o la stigmatizzata incompetenza beethoveniana di Jorge Maria Bergoglio, alias Papa Francesco. In questo grande ma sintetico polittico di citazioni e riferimenti c’è posto per il matematico Georg Cantor e per il Kantor supremo della polifonia e polivocalità eurocolta, Johann Sebastian Bach.

C’è posto per Cielo D’Alcamo come per Friedrich Holderlin e Friedrich Schiller. Quirino Principe, come accennavo, ha strutturato il suo poema in cinque parti, alcune delle quali metricamente organizzate secondo il principio delle sestine proprie del citato poeta provenzale Arnaldo Daniele, Arnaut Daniel, chissà forse ospite a sua volta, all’epoca, del Castello di Oramala. E tra un preludio e un Postludio, riprendendo la forma ternaria del Bar di Hans Sachs, poeta tedesco cinquecentesco omaggiato da Wagner nella celebre opera I maestri cantori di Norinberga, ecco un Bare ove figurano, come accennato, innumerevoli astri, un Bari tra gelo e fuoco, forse memore di un Caronte novecentesco, Ferdinando Pinto, e di un acheronte popolato dalle contese tra palchettisti, enti territoriali e burocrazie statali, un Baro in cui l’autore allude alle mitologie scandinave, o norrene. Recita la fine del Postludio:

O circumdata cingoli! ..uno stagno
Appare a noi l’oceano, e buio è il vuoto
Ti sferza la vertigine:ecco il nastro
di spazio-tempo, la rete in cui cade
il plasma di un’azzurra-gialla Delo.
Itzar che due colori accende e strozza.
Il margine in cui l’orbita si strozza
ha parvenza di nebuloso stagno
dove e-Bootis include Delo
e l’enigma ch’è ancora libro vuoto
Goccia di luce dalla pulsar cade
ogni millisecondo sul suo nastro.
La formica s’inerpica sul nastro.
Dove la carta si storce e si strozza,
passa Uber die linie. Ed ecco, cade
l’asse che affonda e annega nello stagno
del tempo quasi immobile, già vuoto.
Sospeso enigma, senza fine, è Delo.

E tuttavia questa sorta di millenaristico affresco sulla fine del tempo e dell’Universo, scenograficamente punteggiato da immagini residuali di fossili, di bottiglie rotte, di scope spennate e polverizzate, di cumuli di stracci, di pezzi di campana, di torri in rovina, di frammenti di corone, di strumenti senza corde, persino di un abbandonato copione teatrale shakespeariano in qualche modo collegabile, come vedremo dopo, a una delle musiche evocate dal mio libro, questo affresco ulteriormente arricchito da citazioni tedesche, greche e latine, nonchè da riferimenti alla grande cultura del mondo arabo, sembra in conclusione, anziché dissolvere, rovesciarsi nell’augurio e anzi nella certezza di un nuovo inizio, di una nuova era. Laddove, citando Remy Gourmont, Quirino Principe ci ricorda che:

Tout est dit dejà, mais comme personne
m’ecoute pas il faut toujours recommencer

Tutto è stato già detto
Ma poiché nessuno mi ascolta
Bisogna sempre ricominciare.

di Luca Cerchiari

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