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Il ponte di Genova, Viadotto Morandi: una cronaca

Di Stefano Mura - Presentazione di "Il ponte di Genova, Viadotto Morandi: una cronaca"

Ho conosciuto Giovanni Fassio sull’Appennino pavese. Interesse comune: la bellezza delle farfalle. Con serenità e coraggio, dopo aver visto alcuni miei disegni, Giovanni mi ha suggerito di pensare a come avrei potuto illustrare un racconto, il primo di una nuova collana di carnet de voyage a leporello: “La fanciulla tartaruga”, scritto da Maria Grazia Insinga.

Conoscendo la qualità dei libri di Fiorina e avendo molto apprezzato il testo, ho accolto più che volentieri l’opportunità. Terminata la fatica della “fanciulla”, l’editore mi ha poi coinvolto nella preparazione di questo carnet sul Ponte Morandi a cui, per molteplici motivi, teneva molto. Il tema era delicato. Si trattava di parlare di un dramma appena accaduto con enormi conseguenze umane e materiali. Il rischio di urtare la sensibilità delle persone coinvolte, soprattutto le vittime, era alto.

Inoltre, io non sono genovese. Avrei potuto dare un’interpretazione parziale e riduttiva, o banale. Ho cercato di mettermi nei panni di chi si è visto costruire un viadotto sulla testa, in tutti i sensi: in senso concreto, perché il viadotto Morandi è passato sopra case già costruite e manufatti industriali; in senso metaforico, perché il ponte che sovrastava Genova era gestito e controllato da soggetti esterni alla città. Genova non era padrona del ponte. La vita del Ponte Morandi inizia nel 1967 con l’inaugurazione e finisce nel 2018 con il crollo. Durante questo periodo il viadotto è stato importante per la crescita economica, permettendo a tante persone di andare al lavoro e in vacanza, diventando veicolo di esperienze anche positive.

Negli anni il ponte si è rovinato. L’aumento esponenziale del traffico, soprattutto pesante; l’aumento dell’acidità dell’acqua piovana che ha aggredito il calcestruzzo insieme alla salsedine; tutto questo lo ha deteriorato rapidamente. Più rapidamente del previsto. A fronte di tutto questo, oggi veniamo a sapere di ispezioni, perizie, verbali, e manutenzioni non effettuate. Tanta tanta carta è stata prodotta. Ma non è bastata a tenere in piedi il Ponte Morandi.

Il disegno che ho preparato vuole rappresentare tutto questo. Esso stesso è un racconto. Si svolge su due registri: uno più “leggero” fino al crollo; uno più realistico e drammatico dal crollo in avanti. Non troverete in esso la raffigurazione precisa del ponte; è semplicemente una riflessione sulla vita di un manufatto e delle tante vite che lo hanno vissuto, annotata su un carnet de voyage.

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